Il pediatra mi ha detto che mio figlio deve dormire nella sua cameretta – falsi miti sul sonno del bambino da 0 a 3 anni

Il pediatra mi ha detto che mio figlio deve dormire nella sua cameretta – falsi miti sul sonno del bambino da 0 a 3 anni

Sulla mia pagina Instagram (se non la segui ancora puoi rimediare qui: https://www.instagram.com/datemi_fiducia/) ho recentemente lanciato un sondaggio, chiedendo i temi su cui scrivere l’articolo di Aprile.

Il tema più gettonato è stato il sonno del bambino piccolo.

Le richieste sono state diverse e di diverso tipo ma la matrice comune di queste condivisioni viene riassunta dalla frase: “il pediatra mi ha detto che sbaglio a far dormire mio figlio di pochi mesi/ di 1/2/3 anni con noi o nella nostra stanza”.

Non voglio che questo articolo sia una lotta ai pediatri. Nella bibliografia troverete anche materiale di alcuni pediatri.

Purtroppo, però, quello che noto è che in molti casi quando si parla di fisiologia (e non di patologia), di sonno, di svezzamento, di ciò che rientra nel settore psico-educativo e non prettamente medico, c’è un rifarsi a teorie (non evidenze neuroscientifiche ma teorie!) ampiamente sfatate dalle moderne neuroscienze.

Lo scopo di questo articolo non è trovare LA soluzione valida per tutti i bambini e tutte le famiglie (non esiste) ma divulgare valide informazioni.

Qui di seguito alcune domande e risposte volte a sfatare 3 falsi miti sul sonno del bambino in età 0-3.

1) E’ normale che un bebè si svegli tante volte?

2) I bambini vanno lasciati piangere o vanno rassicurati ?

3) CO-SLEEPING e BED- SHARING: tra il dormire nel lettone e il dormire nella sua stanza ci sono alternative?

 Iniziamo 🙂

1) E’ normale che un bebè si svegli tante volte?

Sì.

Perché il suo sistema nervoso è in formazione. Detto in modo tecnico, è ancora immaturo.

Quindi il suo sonno è fisiologicamente diverso da quello di un adulto.

Innanzitutto, fermo restando che ogni bambino è a sé, in linea di massima un bambino ha bisogno di più ore di sonno rispetto ad un adulto.

Secondo la National Sleep Foundation un neonato da 0 a 3 mesi ha bisogno di dormire indicativamente 14-17 ore, ore che diventano almeno 11-14 su un anno e che scendono a 13 circa tra i 3 e i 5 anni, a  differenza delle 7-9 ore di cui, in media, ha bisogno un adulto tra i 26 e i 64 anni per funzionare bene.

Oltre a questo, è importante dire che sia il sonno del neonato che quello dell’adulto sono composti da cicli di sonno REM e cicli di sonno NON REM; se il sonno dell’adulto è composto prevalentemente da fasi di onde lente (sonno tranquillo) e in parte nettamente minore da sonno REM (sonno che porta il nostro cervello ad una situazione più simile alla veglia), nel neonato il sonno è prevalentemente REM, quindi sonno simile alla veglia, attivo.

Ciò, insieme al fatto che il suo sistema nervoso è meno efficace nel bloccare i segnali che partono dal cervello in direzione dei muscoli (Eberlein, 1996), fa sì che che il sonno del neonato sia più attivo di quello di un adulto e che a volte potrebbe muoversi e piangere ma, in realtà… potrebbe non essere sveglio ma star dormendo.

Come fare?

In QUESTO articolo ti mostro alcune possibilità per tranquillizzare il bambino senza svegliarlo.

Infine, i cicli di sonno di un neonato sono più brevi di quelli di un adulto.

Alla fine di ogni ciclo si presenta un breve risveglio, che di solito l’adulto ha imparato ad ignorare riaddormentandosi da solo, mentre un bebè fino ai 3 anni circa deve ancora acquisire nel tempo la capacità di riaddormentarsi auto-calmandosi.

In caso di risveglio, quindi, un neonato ha bisogno di essere rassicurato, di contatto, di un contenimento che parte da fuori e, col tempo, diventerà auto-regolato.

Non nasce programmato per farlo da solo.

E’ fisiologicamente normale che sia così.

2) I bambini vanno lasciati piangere o vanno rassicurati?

Fino a non molti anni fa, grazie anche a programmi molto popolari come Sos Tata, (QUI trovi il perchè non vada più in onda) Estivill e il suo metodo che prevedeva di lasciar piangere il bambino e di forzarlo a dormire da solo fin da neonato avevano una grande popolarità.

Ad oggi ci sono molti studi di tipo neuroscientifico che smentiscono questo metodo (vedi bibliografia) e lo stesso Estvill l’ha ritrattato.

Nella cultura Occidentale è considerato “normale” un distacco precoce da mamma e papà.

Pensiamo alle sale parto, dove ancora troppo di rado il bebè viene immediatamente messo a contatto con la mamma per privilegiare operazioni di pesatura, rilievi medici ecc. che potrebbero essere posticipati nella maggior parte dei casi.

Questo distacco precoce è considerato ok perchè tiene conto dei bisogno dell’adulto più di quelli del bambino.

Il concetto di “presto” o “tardi” è un concetto prevalentemente culturale più che basato su una reale conoscenza della fisologia umana.

James McKenna, professore di Antropologia all’Università di Notre Dame ha approfondito quelle che definisce “aspettative biologiche” del neonato e dice che: “i più comuni modelli pediatrici e psicologici, assieme a nuove ideologie e valori culturali, abbiano formato l’opinione comune su come un bambino dovrebbe “normalmente” dormire; questo risulta essere in totale contraddizione con ciò che è importante per il neonato dal punto di vista biologico e del suo sviluppo psicofisico”.

Un bebè non piange per divertimento bensì allo scopo di segnalare qualcosa.

Il “cosa” dipende, ma è qualcosa che per lui è importante.

Costringere un bebè che piange a calmarsi da solo “perché così impara e prima o poi smette” significa non conoscere il funzionamento dell’essere umano oltre al non tenere conto dei bisogni fisiologici ed emotivi di un neonato, che meriterebbero invece di ricevere una considerazione e una risposta adeguate.

Prima o poi se lo ignoriamo si abituerà da solo, è vero. Bisogna vedere a discapito di cosa.

Ricordiamoci che risposte adeguate all’età e allo sviluppo neurologico del bambino non minano autonomia ed indipendenza bensì le promuovono.

 

 3) Co-sleeping o Bed-sharing: tra il dormire nel lettone e il dormire nella sua stanza ci sono alternative?

Co-sleeping NON vuol dire “letto condiviso”.

Di solito i genitori vengono da me parlando di co-sleeping intendendo il dormire nello stesso letto.

In realtà quello è il “bed sharing”, ovvero una forma di “co-sleeping” che prevede un dormire condiviso.

Con il termine co-sleeping, infatti, si indica il dormire nella stessa stanza, non necessariamente nello stesso letto, e ci sono molti modi per farlo.

Se l’opzione è quella di dormire nella stessa stanza ma non nello stesso letto, si possono scegliere vari tipi di supporto o di culla, in base all’età del neonato o del bambino e alla logistica della camera.

Ad esempio QUI trovi dei suggerimenti su quale supporto scegliere per non cadere nel dover svegliare tuo figlio (vedi sonno attivo in fase REM di cui sopra).

Il bed-sharing (dormire nel lettone) NON è sempre consigliato.

William Sears afferma come il sonno condiviso (co-sleeping) rappresenti un fattore protettivo in merito alla Sids (sindrome della morte improvvisa del lattante).

Questo perché andrebbe a favorire, in particolare, una  maggiore possibilità della madre di svegliarsi in caso di anomalie, un’armonizzazione del respiro tra madre e neonato che favorirebbe un respiro simultaneo capace di “educare” il bambino a respirare sempre e una maggiore regolazione termica

D’altra parte, è stato ampiamente appurato come ci siano situazioni in cui dormire nello stesso letto (bed-sharing) potrebbe essere non solo non utile ma anche potenzialmente pericoloso.

Questo se (evidenze riscontrate fino agli 8 mesi di vita del neonato):

– i genitori sono fumatori;

– se i genitori sono fortemente obesi;
– se i genitori hanno condizioni ridotte di vigilanza, ad esempio a causa di problematiche quali uso di alcool, sostanze stupefacenti, farmaci che inducono sonnolenza, eccesso di stanchezza (…);
– in caso di temperatura eccessiva (lattante con febbre o numerose coperte o cuscini);
– in caso di più di due persone nel letto;
– in caso di lattante nato prematuro o con peso inferiore ai 2.5 kg alla nascita.

A che età è bene che un bambino dorma nella sua cameretta?

Dipende.

Di solito quello che ho potuto vedere prima come educatrice e poi come psicologa è che i bambini che hanno potuto sperimentare dipendenza e contatto ad un certo punto esplicitano loro di volere la propria cameretta.

Per quello che ho potuto osservare nel mio lavoro (quindi qui non mi baso su fonti precise come ho fatto finora ma “solo” su ciò che ho potuto osservare con i miei occhi), di  solito non prima dei 2 anni/ 2 anni e mezzo circa, nella mia esperienza.

Che si scelga di farlo in risposta ad una loro richiesta o in risposta ad una propria esigenza di adulti (è sacrosanto pure questo e si può fare, eccome!) , si può procedere in modo graduale, ad esempio accettando che all’inizio il bambino sgattaioli di nuovo nella camera dei genitori e che una parte della nanna avvenga nella propria cameretta e una parte nel lettone.

Creare delle routine, ad esempio con un momento di coccola + fiaba letta insieme prima della nanna può essere d’aiuto.

Concludendo…

Come specifico in tutti i miei articoli, non esistono scelte migliori in assoluto.

Bisogna vedere cosa va meglio per quel bambino lì, quella famiglia lì in quel momento di vita lì.

Sarebbe molto più semplice se ci fosse LA soluzione universalmente valida ma… non è così.

Questo articolo non si propone di fornire la soluzione valida per tutti bensì di fornire delle informazioni utili, che tengano conto della fisiologia umana e dello sviluppo psico-emotivo del bambino, affinchè si possano fare delle scelte più consapevolitenendo conto dei bisogni di tutti.

Questo articolo ha suscitato il tuo interesse e senti il bisogno di condividere con me una difficoltà inerente il sonno di tuo figlio?  Scrivimi pure alla mail info@datemifiducia.it o telefonami al 3409628159 per prenotare una consulenza psico-educativa.

Ricevo a Preganziol (Treviso)

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA.

Bortolotti A., E se poi prende il vizio?, Il Leone Verde

Acito B., https://www.parmakids.it/il-bed-sharing-dormire-nel-lettone-fa-bene-o-no/

Fresco G.H. Facciamo la nanna, Il Leone Verde

Cozza G., Maria F. Agnelli, La nanna è facile, Il Leone Verde

Casagrande M., De Gennaro L., Psicofisiologia del sonno. Metodi e tecniche di ricerca, Raffaello Cortina Editore

UPPA (Un Pediatra Per Amico)

https://www.uppa.it/nascere/neonato/sindrome-morte-in-culla-sids-prevenzione/

https://www.uppa.it/educazione/pedagogia/sonno-dormire-con-il-bambino-nel-lettone/

McKenna J., L’evoluzione del sonno del neonato, intervento convegno La Leche League International

Harryson Y., The relationship between daytime exposure to light and night-time sleep in 6-12- week-old infants, “Journal of Sleep Reserch” No.13

Sears W. , Genitori di giorno e… di notte. Come far dormire vostro figlio, La Leche League Italia

https://www.sleepfoundation.org/

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